Artisti contemporanei: Vincenzo Migliaro   (Pagine 28 )      Fonte : Emporium - nr 255 Marzo 1916

{\rtf1\ansi\ansicpg1252\deff0\deflang1040{\fonttbl{\f0\fnil\fcharset0 Arial;}} \viewkind4\uc1\pard\fs24 Vincenzo Migliaro \par Artisti contemporanei - Emporium nr 255 marzo 1916 \par \par Colui che si accinger\'e0 a fare, con serena fedelt\'e0 e con limpido acume critico, la storia delle arti belle in Italia da quando questa si \'e8 costituita in nazione, tenendo conto dei varii \par raggruppamenti regionali, i quali ancora oggidi si mantengono abbastanza tenaci, potr\'e0 scrivere un capitolo oltremodo interessante, raccontando gli splendori e le miserie della scuola \par napoletana di pittura della seconda met\'e0 del secolo decimonono e analizzandone e spiegandone le cause complesse. \par A venti anni di successi trionfali, che si susseguirono quasi ininterrottamente dall'esposizione di Firenze del 1861 all'esposizione di Torino del I88O, culminando in quella di Napoli del \par 1877, dovevano succedere venti anni di melanconica decadenza, posta in sempre maggiore rilievo dal crescente disdegnoso allontanamento da parte del pubblico, che pure aveva delirato di \par entusiasmo pei pittori maggiori e minori del "Mezzogiorno d'Italia" e di spietata severit\'e0 da parte della critica, che ne aveva cantato le lodi su tutti i toni. \par I successi, considerandoli nel loro complesso, erano stati meritati, se anche talvolta esagerati o glorificanti un artista di evidente mediocrit\'e0 nella sua superficiale piacevolezza \par vignettistica, quale fu ad esempio Gaetano di Chirico, mentre un altro di profonda'e nobile intensit\'e0 drammatica, qua le fu Gioacchino Tonta, se non proprio trascurato non veniva almeno \par apprezzato al giusto suo valore. Infatti la scuola napoletana di pittura, sotto l'impulso prima del delicato sano ed elegante impressionismo di Giacinto Gigante e degli altri paesisti \par del gruppo di Posillipo, poi del verismo di Filippo Palizzi, sincero e robusto, se anche troppo oggettivo, alquanto superficiale e perfino un po' gretto nella sua meticolosit\'e0 analitica, \par ed in ultimo del romanticismo concettoso e del virtuosismo sapiente di Domenico Morelli, aveva non soltanto saputo emanciparsi risolutamente dal greve dominio accademico, ma era riuscita, \par merc\'e8 una serie assai copiosa e varia di quadri ad olio e ad acquerello di efficace originalit\'e0 di composizione e di non comune eccellenza di tecnica, a mettersi alla testa del movimento \par di risveglio artistico, che, subito dopo la politica affermazione unitaria, erasi andato determinando nelle maggiori citt\'e0 del regno. E meritava cos\'ec di essere a buon diritto proclamata \par l'iniziatrice vittoriosa di quella che veniva in seguito definita, sia anche con una certa enfasi nazionalistica, la seconda rinascenza delle arti belle in Italia. \par Bisogna per\'f2 riconoscere che se, dopo circa un ventennio d'incontrastate vittorie, la scuola napoletana perdette a poco per volta le simpatie della critica ed i favori del pubblico, la \par colpa ad altri non deve e nou pu\'f2 imputarla che a s\'e8 medesima. Il dominio ammaliatore che su di essa esercit\'f2 il Morelli finch\'e8 visse, se da principio ne attiv\'f2 le zone d'iniziativa e ne \par allarg\'f2 l'orizzonte spirituale, fin\'ec, a lungo andare, col determinarne la decadenza, sia col reprimere ogni accentuato sviluppo d'individuale originalit\'e0, sia col costringere ogni attivit\'e0 \par giovanile, desiosa di rinnovazione, in un ristretto ambito di visioni estetiche e di ricerche tecniche e sia col non sapere ricorrere ai ripari contro la deleteria influenza dello \par spagnolismo alla Fortuny. \par Fu cos\'ec che la maggior parte della brillante pleiade dei giovani pittori, usciti a successive ripresi dall'Istituto di belle arti di Napoli, dopo avere seguito i corsi di Morelli e di \par Palizzi, si lasciarono inebbriare dagli applausi con cui furono accolte le loro prime opere e si compiacquero in un manierismo spaguoleggiante, che traviava le loro native attitudini \par artistiche e li sospingeva ad abusare di un raro senso del colore, vivace e spontaneo in essi quasi quanto nei veneziani, per ripetere sempre, con lievi modificazioni, il medesituo quadro, \par a cui aveva sorriso una prima volta il favore del pubblico, senza pi\'f9 affannarsi dietro la ricerca di un'originalit\'e0 spiccatamente individuale, senza punto curarsi se in altri paesi del \par mondo vi fossero altri pittori che tentavano curiose ed importanti innovazioni di tecnica e che inseguivano, non senza fortuna, nuovi ed elevati ideali d'arte. \par Immobilizzati nell'idolatria della virtuosit\'e0 di pennello di un Fortuny e di un Morelli e nella radicata convinzione del primato della scuola napoletana e della scuola spagnola su tutte le \par altre scuole di pittura dell'universo, non si lasciarono scuotere, cos\'ec come avvenne per loro ventura ai veneziani, minacciati dal pericolo del giocondo e superficiale manierismo favrettiano, \par neppure dalle opere magnifiche ed audaci di pennelli francesi e inglesi, olandesi e scandinavi, tedeschi e ungheresi, belgi e russi, che le mostre internazionali di Firenze, di Venezia e \par di Roma indussero a scendere in Italia. raffinando e rendendo pi\'f9 eclettico ed in pari tempo pi\'f9 esigente il gusto dei nostri critici e dei nostri amatori d'arte. Anzi eglino fecero orecchie \par di mercante alle parole di qualche scrittore, che, avendo molto a cuore la minacciata loro buona fama, li esort\'f2 pi\'f9 volte concitatamente a tentare uno sforzo coraggioso e decisivo su s\'e8 \par stessi per discacciare la peccaminosa indolenza cerebrale in cui gi\'e0 da troppo tempo si assopivano e per rinnovare una buona volta l'arte propria, cercando ispirazioni pi\'f9 moderne e meno \par viete, pure non rinunciando ai caratteri essenziali del genio meridionale. \par Allorquando si sentirono affatto isolati, mentre le simpatie e le ammirazioni che li avevano incoraggiati sostenuti e magnificati durante gli anni giovanili li abbandonavano per rivolgersi \par ad artisti pi\'f9 coscienti e pi\'f9 ardimentosi di altre regioni d'Italia, i quali avevauo saputo tener conto delle lezioni venute loro d'oltralpi e d'oltremare, compresero alfine l'errore in \par cui caparbiamente avevano perseverato. Alcuni allora tentarono di cambiare strada, ma dovettero quasi sempre accorgersi che era troppo tardi e altri si limitarono a lamentarsi, senz'alcun \par risultato pratico o morale, di essere incompresi o male giudicati ed altri si rassegnarono, sia anche a malincuore, alla loro sorte mediocre e, rinunciando a poco per volta ad ogni elevata \par ambizione estetica, si dettero da fare per accaparrarsi un posto d'insegnante in qualche governativa o municipale scuola d'arte che permettesse loro di sbarcare alquanto meglio il lunario. \par La reazione, a cui io ho or ora accennato, era - riconosciamolo pure ad onore del vero - da parte della critica e del pubblico non soltanto giustificata ma utile necessaria e quasi doverosa, \par perch\'e8 lo spagnolismo, col suo distacco dallo studio sano e diretto della realt\'e0 e con le sue piacevolezze astutamente mercantili di tavolozza, dopo avere corrotto proprio quella parte \par della risorta arte italiana che aveva dato migliori risultati ed aveva fatto sorgere maggiori speranze per l'avvenire, ne minacciava l'intero organismo. Questa reazione per\'f2, come accade \par pi\'f9 che di sovente per ogni forma di essa, eccedette, manifestandosi troppo recisa e severa ed involgendo in una comune e non graduata riprovazione tanto i colpevoli coscienti e volontarii \par e quindi senza alcuna scusar quanto i colpevoli per debolezza e per suggestione e quindi ancora redimibili ed anche pi\'f9 di uno sotto ogni aspetto irreprensibile. \par La condanna infatti colp\'ec, con cieca inesorabilit\'e0, tutto il gruppo meridionale, salvo i pochi che, per una ragione od un'altra, si erano gi\'e0 da tempo allontanati da esso. Per uno di quei \par subitanei voltafaccia, che si avverano nel mondo dell'arte non meno che nel mondo della politica e sostituiscono di colpo i crucefige agli osanna, bast\'f2 appartenere alla scuola spagnola od \par alla scuola napoletana, cos\'ec strettamente apparentate, per essere subito preso in uggia dai visitatori delle esposizioni italiane e per essere fatto bersaglio delle censure e degli \par epigrammi dei disinvolti e mordaci resocontisti di esse sui giornali e sulle riviste. Fu dal seno medesimo della scuola spagnola, proprio quando essa pareva ridotta all'estrema sua \par decadenza, che sorsero, quasi d'improvviso, alcuni pittori di rara e sicura valentia e di spiccata originalit\'e0, quali un Sorolla, uno Zuloaga e un Anglada, riuscendo, dopo avere debellati \par definitivamente gli ultimi campioni del fortunismo, a riabilitarla ed a ricondurla in auge, con fisonomia assai diversa. Simile fortuna manc\'f2 purtroppo alla scuola napoletana. \par Ci\'f2 non pertanto a me sembra che, dopo che pi\'f9 di un ventennio \'e8 trascorso e dopo che il pericolo epidemico d'importazione iberica che minacci\'f2 per un momento l'arte italiana e da \par considerarsi completamente scomparso, un imparziale giudizio di revisione s'imponga a favore della scuola napoletana. \par Lasciando in disparte i pittori d'insita mediocrit\'e0, d'insanabile manierismo e di spiccata tendenza bottegaia, esso dovr\'e0 iunatizi tutto rilevare, come ancora non \'e8 stato fatto abbastanza \par degnamente il singolare valore d'ingenua e pur sottile visione ed interpretazione delle scene della natura che dei paesisti di Posillipo fece dei veri iniziatori e dei nobili precursori. \par Dovr\'e0, subito dopo, ristabilire l'esatta proporzione dei pregi e dei difetti nell'opera di quegli onnipotenti grandi-sacerdoti dell'arte napoletana che furono Domenico Morelli e Filippo \par Palizzi, nonch\'e8 in quella dei loro due emuli, Bernardo Celentauo e Saverio Altarnura, ai quali va riconosciuto il merito di essere riusciti pi\'f9 di una volta a riumanizzare, sia anche \par teatralizzandola alquanto, la pittura storica, stecchita congelata e resa uggiosa dal classicismo accademico. \par Passando ai loro pi\'f9 o meno immediati successori, non si potr\'e0 non tributare una sentita lode, non soltanto a coloro che, come fu il caso prima per Giuseppe de Nittis, Achille Vertunni e \par Federico Rossano, poi per Francesco Paolo Michetti, Antonio Mancini e Alceste Campriani e infine per Lionello Balestrieri, Enrico Lione, Vincenzo La Bella ed Ulisse Caputo, seppero \par preservare la loro personalit\'e0 artistica dall'influenza dominatrice ed assimilatrice di Morelli, allontanandosi da Napoli per recarsi a vivere e ad operare in altre citt\'e0 d'Italia ed \par all'estero, ma anche e sopra tutto al drammatico e sentimentale Gioacchino Toma ed al fantasioso Edoardo Dalbono, i quali ottennero miracolosamente un identico risultato, pure rimarendo di \par continuo accanto al maestro benamato e dandogli prova di un eccezionale attaccamento, in cui l'ammirazione assunse pi\'f9 di una volta il carattere di vero fanatismo. \par Lo stesso non si pu\'f2 dire di sicuro n\'e8 per Camillo Miola e Giuseppe Boschetto, n\'e8 per Edoardo Tofano, Francesco Netti e Teofilo Patini, ma se non si pu\'f2 non deplorare che l'ipnotizzante \par barbaglio dell'astro Migliaro li abbia arrestati sul sentiero in cui cos\'ec brillantemente avevano fatto i primi passi e non abbiano quindi potuto o saputo trattenere appieno le promesse \par date con le loro prime vigorose tele, si deve pure riconoscere che quadri come Plauto mugnaio, Il fatto di Virginia, La lista dei proscritti da Silla, Suor Maria, L'uscita dal ballo in \par maschera e L'ultimo erede sono tutte opere tipiche e significative e degne come tali di occupare un posto d'onore in qualsiasi eletta collezione di opere italiane di pittura della seconda \par met\'e0 del secolo decimonono. \par Senza fare altri nomi, io credo che di varii dei pittori napoletani morti da poco o ancora viventi si darebbe giudizio molto meno severo e quindi pi\'f9 imparziale, se, invece di prendere \par soltanto in considerazione le opere stanche artificiose e convenzionali dell'et\'e0 matura, si riguardassero le opere fresche spontanee e genuine dell'ispirazione giovanile, non ancora \par traviata da qualche successo sproporzionato al merito e dalle esigenze funeste di un pubblico di cattivo gusto. Certo \'e8 per\'f2 che, sgombra che si sia la mente da ogni ingiusto preconcetto \par contro tutto un gruppo regionale di artisti che dei suoi torti \'e8 stato punito oltre misura, si dovr\'e0 pure sentirsi lieti di potere almeno rimettere in giusta luce e rendere leale omaggio a \par quei pochi fra essi, onesti sinceri e sagaci, i quali, sdegnando i richiami allettatori di una moda pittorica che poteva assicurare loro, come gi\'e0 ad altri confratelli, un successo pronto, \par oltremodo lusinghiero ed abbastanza rimunerativo, hanno continuato a dare ascolto soltanto ai suggerimenti della propria indole di osservatori o di fantasticatori del pennello. \par Uno tra costoro il quale ha in ispecial modo il diritto di reclamare che l'opera sua, alquanto negletta o non abbastanza apprezzata, malgrado possegga un accento di spiccata e \par caratteristica originalit\'e0, venga presa in nuovo esame, pi\'f9 sereno e pi\'f9 attento, \'e8 Vincenzo Migliaro. \par Se di lui non si pu\'f2 di sicuro affermare che sia rimasto, durante tutta la sua carriera, affatto immune da quel perniciosissimo contagio spagnolo che tante vittime fece nel mondo artistico \par napoletano e romano, bisogna per\'f2 convenire che esso si arrest\'f2 all'epidermide della sua produzione pittorica, limitandosi ad indurlo a un certo abuso di tinte bituminose e di ciucischiature \par cromatiche, nonch\'e8 di levigature leziosette nel trattare le carni delle giovanili figure di popolane partenopee che egli ama di mettere in iscena nei suoi quadri. \par Mentre la maggior parte di coloro che gli erano stati compagni di classe nell'Istituto di belle arti di Napoli o l'avevano in esso preceduto o seguito di qualche anno componevano, seguendo \par il deleterio esempio dei pittori spagnoli e senza esserne purtroppo sconsigliati dai proprii maestri, i loro quadri con agile abilit\'e0 di pennello ma con evidente artificio e crescente \par manierismo, nell'ambiente fittizio del loro studio, servendosi sempre dei medesimi modelli di mestiere, vestiti ora da guerrieri antichi ed ora da preti o da contadini moderni, il Migliaro \par ebbe il chiaroveggente buon senso di chiedere quasi sempre e con viva passione l'ispirazione per le sue tele alla vita reale, cos\'ec come variamente si manifesta lungo le strade e sulle \par piazze della sua citt\'e0 natale. \'c8 per questo suo convinto e pertinace amore per il vero, che gli procur\'f2 durante parecchi anni censure e sarcasmi, senza per\'f2 riuscire a distoglierlo dai \par suoi propositi e dalle sue consuetudini di arte, che egli oggiggiorno ci attrae, c'interessa e ci persuade molto pi\'f9 di tutti o quasi tutti i suoi confratelli della moderna scuola \par napoletana di pittura. \par Le esigenze imperiose delle industrie perfezionate e dei traffici accresciuti, i dettami sempre pi\'f9 rigidi dell'igiene e gli straordinarii progressi del cosmopolitismo hanno, durante \par l'ultimo trentennio, esercitato su Napoli, luminosamente bella e maliarda fra i sorrisi del cielo e del mare, come su di ogni altra grande citt\'e0 europea, la loro influenza eguagliatrice, \par facendo a poco per volta ed in gran parte se non proprio in tutto, scomparire quanto alle sue strade, alle sue piazze ed alle sue case attribuiva un carattere specialissimo, oltremodo \par vivace e pittoresco. Opporsi a siffatta fatale rinnovazione di cose e di uomini sarebbe insano e riprovevole, come sciocco sarebbe il non volerne riconoscere i grandi vantaggi dal punto di \par vista della pubblica salute e dell'utilit\'e0 pratica. \par Si comprende, per\'f2, di leggieri il rimpianto nostalgico per quanto ieri ancora esisteva di una citt\'e0 benamata ed ora non esiste pi\'f9 da parte di quelle anime tenere e sognatrici che sentono \par in particolar modo il fascino degli spettacoli della natura e degli aspetti degli edifici creati dagli uomini e in mezzo e dentro a cui si \'e8 svolta, durante secoli, la loro esistenza quieta \par o procellosa e intessuta, con varia vicenda, di gioie e di dolori, di vittorie e di sconfitte, di esaltazioni e di abbattimenti. E si comprende altres\'ec che esso imponga all'arte, geniale \par imbalsamatrice del passato, la missione di conservare, merc\'e8 il pennello o la penna, per i nostri occhi e le nostre menti e per gli occhi e le menti dei posteri, gli aspetti pi\'f9 tipici \par della vecchia Napoli, fatta scomparire dal piccone demolitore o trasformata dagli usi e dai bisogni della vita contemporanea e, insieme con essi, le fogge di vestire e le costumanze del \par popolino che l'abitava, gaio impulsivo e chiassone, amante delle feste clamorose all'aria aperta, pronto agli scatti omicidi d'iracondia per gelosia, prepotenza o vendetta e compiacentesi \par alle mandolinate ed ai canti notturni. \par Agli impulsi di questo dovere estetico, che, nel campo delle lettere, ha svegliato cos\'ec di sovente e con tanta efficacia di risultati la vena, volta a volta poetica novellistica o \par drammatica, di Salvatore di Giacomo e di Ferdinando Russo, due pittori hanno in ispecie ceduto con fervore entusiastico d'ispirazione e con sicura maestria di pennellata e sono stati \par Edoardo Dalbono e Vincenzo Migliaio. Il primo, spirito di poetica esuberanza di fantasia, della vecchia Napoli a met\'e0 scomparsa e dei napoletani di sette od otto lustri fa ci ha dato, con \par movimentata grazia figurativa e con savorosa giocondit\'e0 di tavolozza, una rappresentazione affatto glorificatrice ed alquanto immaginaria, mentre invece il secondo si \'e8 attenuto con \par iscrupolo grande alla realt\'e0, pure trovando modo di presentarcela sempre sotto le apparenze pi\'f9 simpatiche e piacevoli. \par Nato a Napoli l'8 di ottobre del 1859 da una famiglia di piccola borghesia, il Migliaro, costretto dall'insuperabile sua avversione per la matematica ad interrompere l'iniziato corso della \par scuola tecnica, studi\'f2 prima plastica con Stanislao Lista e poi disegno e pittura con Domenico Morelli. Fino dalle sue prime prove, che richiamarono subito, per una loro nota nuova e tutta \par propria, l'attenzione dei competenti su di lui e lo fecero, diciottenne appena, vincitore di un concorso nazionale, egli si applic\'f2 a raffigurare sulla tela o sulla carta, con segno \par minuzioso e leggiadro e con colorazione calda e smagliante, se anche talvolta un po' troppo bituminosa, i tipi, specie femminili, della plebe napoletana, accortamente precisati nelle \par attitudini caratteristiche delle persone e nelle espressioni rivelatrici dei volti e gli episodii movimentati della vita per le strade, sotto i pi\'f9 vani effetti di luce diurna o serotina. \par Pure mutando di continuo dimensioni di tele e di figure, pure variando soggetto ed ispirazione, pure passando con disinvoltura dalla scena di genere al ritratto ed al paesaggio, il \par Migliaro, salvo per qualche pannello di carattere decorativo, per qualche tipo di quella Spagna meridionale, la quale tanti punti di contatto e di somiglianza possiede con Napoli, per \par qualche formoso nudo di donna visto di scorcio o per qualche gaio gruppo di maschere carnevalesche, si \'e8 mantenuto fedele alla citt\'e0 che gli ha dato i natali. \par \'c8 cos\'ec che ora egli pu\'f2 a ragione andare orgoglioso di essere riuscito, con tutta una collezione di voluttuose teste muliebri dagli occhi di velluto, dalle labbra coralline e dalla folta \par chioma nera e crespa, di vivaci scene di folla e di efficacissime rievocazioni di pittoreschi cantucci disuniti dalle imperiose esigenze edilizie del cos\'ec detto sventramento, ad \par interessarci ancora una volta alla Napoli che fu, facendocela intensamente amare e dilettosamente sognare. \par VITTORIO PICA. \par }